giovedì 8 aprile 2010

PIAZZA ARMERINA E I NUMERI






Coordinate: Latitudine 37°23′0″ Nord - Longitudine 14°22′0″ Est

Abitanti: 20.766

Densità: 70 Ab/Km2

Altitudine: (m. 697 s.l.m.)

Isole Territoriali:Grottacalda, Castani, Ciappazzo

Comuni contigui: Aidone, Assoro, Barrafranca, Caltagirone (CT), Enna, Mazzarino (CL), Mirabella Imbaccari (CT), Pietraperzia, Raddusa (CT), San Cono (CT), San Michele di Ganzaria (CT), Valguarnera Caropepe

Nome Abitanti: piazzesi

Lingua parlata: Gallo Italico

Prefisso Telefonico: 0935C.A.P. 94015
Codice ISTAT: 086014


Codice catasto: G580

Posizione Geografica: Sicilia - zona centrale

Patrona: Maria Santissima delle Vittorie, San Gaetano da Thiene e Sant'Andrea Avellino

Festa patronale: 3 maggio e 15 agosto (Maria Santissima delle Vittorie)

Clima: Temperatura mite tutto l'anno. 22/35 gradi durante i mesi di giugno, luglio, agosto, settembre

Giorno del Mercato: Giovedi

Distanze: da Enna Km. 32 - da Catania Km. 98 - da Palermo Km. 163

Chiesa di San Francesco e Convento dei Frati Minori

Le attuali strutture della chiesa, con prospetto affiancato da slanciato campanile con sommità a forma di cono rivestita da ciottoli di ceramica di vario colore, risalgono agli anni 1605-1664; della stessa età è il chiostro, che le si accosta sul fianco sinistro con le sue colonne silicee monolitiche; sul prospetto laterale destro dell'antico convento, che sporge sulla via Cavour, uno splendido balcone barocco, scolpito su pietra arenaria da Gian Vincenzo Gagini ai primi del 600.

Chiesa di San Pietro

La chiesa di S. Pietro all’epoca della sua edificazione si trovava fuori dalle mura di Piazza Armerina e dipendeva dal Gran Priore di S. Andrea. L’edificio attuale è il frutto del lavoro di ampliamento dei frati Francescani ai quali (dopo annose controversie) nei primi anni del 1500 fu affidato. Questi inoltre costruirono il convento che ancora oggi possiamo scorgere accanto alla chiesa. L’inaugurazione del complesso avvenne nel 1562. Parte dei lavori come la costruzione della cappella principale, delle cappelle a sud e del chiostro quadrato vennero eseguiti grazie al nobile Fra Girolamo Cagno di Piazza e per questo motivo furono scolpite nell’arco del presbiterio i simboli del suo casato. Nel 1624 il convento di S. Pietro, tramite concessione del vicerè Emanuele Filiberto di Savoia, fu dichiarato di regio patronato con la conseguente innalzamento dello stemma reale nella chiesa. Fu così che le famiglie nobili di quel periodo (Trigona di Cimia, Trigona di Gatta, Sanfilippo, Boccadifuoco, Polizzi, De Assoro) fecero costruire all’interno della chiesa cappelle di gran pregio al fine di utilizzarle come mausolei.Nel frattempo l’adiacente convento era divenuto famoso per la sua ricca biblioteca, la quale nel 1876 contribuì coi suoi volumi ad apprestare l’attuale biblioteca comunale. La chiesa di S. Pietro è un pregevole esempio di architettura medio-rinascimentale. La facciata è molto semplice, impreziosita esclusivamente dal portale manieristico in pietra arenaria. La semplicità dell’esterno contrasta con i numerosi e ricercati elementi decorativi e architettonici che troviamo al suo interno. Una volta entrati possiamo infatti osservare il magnifico soffitto ligneo a cassettoni perfettamente conservato; non sono da meno le cappelle nobiliari già citate, in particolare quella della famiglia Trigona di Cimia che presenta dei pregevolissimi bassorilievi realizzati da Antonio Gagini. Un altro particolare da ammirare attentamente è il grande arco frapposto tra l’unica navata ed il presbiterio che è impreziosito da intarsi e rilievi raffinati. Purtroppo è andata perduta l’antica pavimentazione realizzata con la famosa ceramica di Caltagirone. Dietro l’altare centrale si trova un tabernacolo ligneo sormontato da un grande dipinto raffigurante i santi Pietro e Paolo.

Chiesa di Santo Stefano

Il culto di S. Stefano ebbe inizio a Piazza Armerina alla fine del 1500 appena al di fuori delle mura; più precisamente nelle vicinanze della Porta S. Giovanni che si trovava nella parte sommitale dell’attuale Salita Santo Stefano. Vicino l’attuale chiesa vi era un oratorio, dedicato a S. Stefano, dove si trovava il simulacro del suddetto santo. L'edificio attuale fu costruito nel periodo a cavallo tra il 1500 e il 1600.Nel 1660 la chiesa fu ingrandita e arricchita da una coreografica facciata; fu inoltre costruito un ricercato campanile costituito da pietra finemente lavorata e un attico traforato. All’interno fu invece abbellita con affreschi e sculture in oro. L’inaugurazione avvenne nel 1742 come si deduce da una lapide posta all’ingresso. Nella chiesa all’inizio del XVIII secolo furono erette due cappelle, una dedicata a S. Gregorio Magno (appartenente alla famiglia Starrabba), l’altra dedicata al Crocifisso (della famiglia Solonia).

mercoledì 7 aprile 2010

archeologia; storia dell'arte, minerali

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martedì 6 aprile 2010

Chiesa di S. Anna

La chiesa di S. Anna è sita in via Vittorio Emanuele, di fronte alla chiesa di S. Ignazio. Una delle peculiarità della chiesa è la sua pianta ottagonale. All’ interno vi sono quattro nicchie rettangolari sormontate da un arco a tutto sesto; nell’abside si notano dei resti di affreschi seicenteschi costituiti da semplici coloriture senza particolari figurativi. Non resta alcuna traccia dei pavimenti originali, né di rivestimenti o di altari e monumenti. La facciata principale semicircolare è allacciata alla struttura dell’edificio con contrafforti diagonali. La fine tronca dei pinnacoli dei suddetti contrafforti lascia pensare ad una diversa copertura originaria (probabilmente una cupola). Purtroppo dentro l’impianto versa in uno pessimo stato di conservazione; non ci resta che ammirare la splendida facciata sperando in un futuro restauro dell’interno.

Chiesa di S. Ignazio

Fondata nel 1500 la chiesa di S. Ignazio fu la prima dedicata al Santo dopo la sua beatificazione. Essa sorge nella discesa di via Vittorio Emanuele accanto la biblioteca comunale e di fronte la chiesa di S. Anna. La facciata è caratterizzata da piatte lesene, capitelli di ordine dorico e dal movimento curvilineo delle scalinate a doppio gomito. All’interno troviamo un'ampia navata centrale e due navate laterali molto strette.

Gran Priorato di Sant'Andrea

La chiesa del Gran Priorato di Sant'Andrea è uno dei più antichi esempi di architettura del periodo normanno, a giudizio quasi unanime degli storici dell'arte (W. Leopold, E. Maganuco, S. Bottari, H.M. Schwartz, R. Delogu, P. Santucci, etc.); e contiene nei suoi affreschi alcuni tra i pochissimi, e forse più interessanti, esempi superstiti della pittura siciliana del XII e XIII secolo. Sita alla periferia nord-ovest della città, essa appare ancora nella sua scabra e compatta struttura medievale dominata da una piccola torre campanaria addossata all'abside centrale, incisa nel prospetto da un grande portale archiacuto a ghiere multiple, ornate originariamente da due colonnine (di cui resta solo un capitello a foglioline) e da una finestra ad occhio; i muri laterali sono interrotti da due portali archiacuti più piccoli e da una fila di finestrelle a feritoia; il braccio meridionale del transetto è aperto da un portaletto archiacuto con tozze colonnine incise negli spigoli; mentre il portaletto dell'altro braccio, che è stato restaurato di recente, dai pochi frammenti originali superstiti appare senz'altro più elegante. L 'interno è caratterizzato da una pianta a croce commissa che sale di quattro gradini nel santuario, da una lunga navata coperta da tetto a capriate, da un transetto su cui si aprono due absidiole laterali incassate nel muro e una grande abside centrale, da quattro arconi acuti che immettono nel santuario e nell'abside centrale e scandiscono il tetto del transetto. Fondata molto probabilmente nei primi decenni del 1100 da Simone Aleramico, conte di Butera e nipote del conte Ruggero, nel 1148 fu dallo stesso e dalla moglie Thomasia donata all'ordine militare del Santo Sepolcro con l'annesso cenobio e con una cospicua rendita, che servì per partecipare alle spese per la difesa di Gerusalemme fino a quando essa non fu conquistata dai turchi (1244); dopo di che finì per diventare uno dei più ricchi benefici ecclesiastici della Sicilia. Mentre il culto religioso veniva esercitato inizialmente dai Canonici regolari di S. Agostino, poi da quattro Cappellani e infine dai preti secolari di S. Filippo Neri, il Priorato, che diventò Gran Priorato quando passarono alle sue dipendenze i Priorati di S. Elia di Adrano e di S. Andrea di Lentini, era un incarico feudale che veniva assegnato dai re di Sicilia a membri delle più potenti famiglie italiane, dagli Aragona agli Alliata, ai Ventimiglia, agli Uzeda, ai Filangeri, ai Pallavicini, ai Trivulzio, ai quali competeva soltanto l'esazione delle imposte e dei proventi, l'esercizio della giustizia minore e la nomina dei Priori dei conventi suffraganei. Secondo una "ricognizione" dei beni immobili (feudi, territori, chiuse e tenute), fatta eseguire nel 1702 dal priore Antonio Paceco, i terreni di proprietà del Priorato ammontavano a 530 salme, circa 1800 ettari di oggi (quelli dei Benedettini di Catania erano circa 6.000 ha), che qualche anno dopo (1707) fruttavano al priore Giovanni Filangeri dei principi di Cutò un utile netto di 247 onze su un'entrata di 296, mentre venticinque anni dopo lo stesso priore denunciava al "regio visitatore" G. A. De Ciocchis quasi lo stesso utile (249 onze) su un'entrata di 593 onze. Naturalmente parte di tali proventi venivano spesi fin dall'inizio per la manutenzione e l'arredamento della chiesa e dell'eremo; come di quest'ultimo, già nel Settecento abbandonato e semidistrutto, oggi non resta che una piccola traccia, nulla rimane più del ricco arredo di cui parlano gli antichi inventari: della "croce di legno impiastrata di lama d'argento con dodici figurette di rame dorato con una figuretta del Crocifisso ed un'altra di S. Andrea indorati", della "pisside d'argento e guarnizioni d'oro e d'argento", dei tre calici d'argento, della "sfera d'argento", dell'incensiera e navetta d'argento, delle pianete, dei piviali, dei vessilli, dei palii d'altare ornati d'oro. Non si sa dove siano finite le tele di S. Andrea, che campeggiava prima sull'altare maggiore, e della Passione di Cristo donate alla chiesa ai primi del Seicento dal Cardinale Pallavicini insieme al Martirio di S. Agata di J acopo Ligozzi, ora custodito nella cattedrale, e ad un S. Pietro di ignoto autore; i documenti dell'archivio del Priorato furono distrutti in seguito alla chiusura e al trasferimento ad Enna di tutte le carte dell'Ufficio del Registro di Piazza Armerina, dove essi si trovavano fino a trent'anni fa. Sono miracolosamente sopravvissuti e, riscoperti e restaurati negli anni 1958- 62 dal Professore Giovanni Nicolosi, ornano dal 1981 di nuovo le pareti della chiesa, i resti degli affreschi medievali dovuti certamente agli Agostiniani. Si tratta in tutto di circa 90 metri quadrati di superficie dipinta, divisa in venti frammenti, tra cui alcuni di notevoli dimensioni, che testimoniano della ricchezza decorativa che tre secoli di attività artistica avevano accumulato sul .monumento, e costituiscono la maggiore concentrazione di pittura medievale siciliana conservata nel luogo d'origine, a parte i mosaici della Cappella Palatina di Palermo, del Duomo di Monreale e di quello di Cefalù. Un primo gruppo di quattro frammenti con figure di Santi ed Angeli, secondo Raffaello Delogu, per "la raffinatezza e il gusto degli ornati, il frontalismo senza spessore delle figure, l'incantata e preziosa ritualità dei gesti", denunzia chiaramente influenze arabe e bizantine, e può, quindi, essere datato al XII secolo; mentre ancora più notevole per gli studiosi è un secondo gruppo che comprende il Martirio di S. Andrea, S. Martino, la Dormitio Virginis, la Deposizione dalla croce, l'Annunciazione, la Natività e Strage degli Innocenti e alcune figure di Santi. Il Pittore anonimo L' "Anonimo meridionale del XII - XIII secolo" cui sono stati attribuiti questi affreschi è un pittore di impronta romanica, "collegato in qualche modo alla pittura cosiddetta benedettina dell'Italia meridionale" (Delogu), che "se fu un siciliano dovette rifarsi a una cultura pugliese, se fu un pugliese si trasferì in Sicilia, portando con sè i ricordi della cultura figurativa della sua terra" (P. Santucci). Ma, a parte il santo Vescovo e la Crocifissione tra Santa Caterina ed altra Santa, dovuti ad altri maestri del XIII secolo, notevole è pure il contributo dato dalla chiesa piazzese alla pittura siciliana del Quattrocento, con dipinti che vanno inquadrati nella cultura figurativa del Quattrocento siciliano che culmina nella Croce dipinta della Cattedrale di Piazza Armerina e nell'opera di Antonello da Messina: si tratta della Madonna dalla faccia grande, del Sant'Agostino e soprattutto dei grandi quadri della Resurrezione, della Pietà e di San'Antonio abate, datato 1484 e rimasto sempre in sede. Trentacinque anni fa Pietro Loiacono, auspicando il restauro degli affreschi, scriveva che con essi la chiesa sarebbe potuta diventare "un'esposizione di pittura siciliana del Medioevo", tale da "costituire per Piazza Armerina e per la Sicilia tutta, così impoverita di pitture in questi ultimi decenni, un centro di attrazione non meno interessante dei mosaici del Casale". Gli affreschi sono stati restaurati, l'iniziativa di cittadini amanti dell'arte li ha fatti rientrare in sede.

Commenda dei Cavalieri di Malta

La Commenda è un edificio molto antico e ricco di storia. Notizie concernenti il passato riportano che fu costruita sulla preesistente chiesetta di S. Maria del Soccorso, donata dal Conte Simone Aleramico (allora capo dei Lombardi di Sicilia) ai Cavalieri dell’Ospedale di Gerusalemme. L’Ordine Militare dei Cavalieri prese possesso dell’edificio intorno al 1150 con l’impegno di edificare un complesso che esplicasse servizio di ospizio per i pellegrini diretti in Terra Santa e di luogo di raduno e di riposo per i Cavalieri Crociati; probabilmente la Commenda esplicava anche la funzione di torre d’avvistamento visto che si ergeva sulla sottostante strada che da Butera (allora importante centro abitato) portava a Castrogiovanni. Nel 1337 con la costruzione della nuova cinta muraria la chiesa venne annessa al centro abitato e nei suoi pressi venne innalzata l’omonima Porta S. Giovanni, l’ingresso orientale della città.Attorno al 1420 la Casa venne trasformata in Commenda; infatti lontani erano ormai i tempi in cui pellegrini e crociati di Terra Santa chiedevano ospitalità. Cosicché il compito dei cavalieri era diventato quello di amministrare i beni dell’Ordine (inviando le rendite alla sede centrale) e propagandare la religione degli Ospedalieri fra la cittadinanza piazzese al fine del reclutamento. I cavalieri nei secoli si distinsero in varie battaglie (Rodi 1522, Malta 1551 e 1565, Lepanto 1571) per il loro valore e tra questi anche i cittadini di Piazza Armerina che vi si arruolarono. Con l’Unità d’Italia i beni della Commenda diventarono del Demanio dello Stato (1866), i locali vennero divisi in lotti e venduti ai cittadini; la chiesa fu dichiarata monumento nazionale e restaurata nei primi anni del 1900. A livello architettonico possiamo affermare che la chiesa è un edificio di chiaro stile normanno. I due portali d’ingresso sono in stile gotico; sopra quello principale è possibile notare una feritoia a forma di croce greca. Altre feritoie le troviamo sul lato più lungo della chiesa; attraverso di esse filtra la poca luce che conferisce all’interno una inquietante e tetra atmosfera. La Commenda era munita di una torre campanaria circolare di cui rimangono ormai solo le tracce delle fondamenta. Dentro troviamo una pianta rettangolare con l’unica navata che finisce in un’abside semicircolare; la copertura è costituita da capriate in legno (sulla navata) e da una semicupola (sull’abside). Purtroppo degli ornamenti, religiosi e non, non è rimasto granché: due mosaici policromi in marmo vicino all’altare, due acquasantiere e poco altro.

S. Martino di Tours

S. Martino di Tours fu la prima chiesa costruita nella "nuova" Piazza attorno al 1163. Questa fu per diversi secoli la Chiesa Madre di Piazza finché non fu edificata Santa Maria Maggiore nella parte più alta del monte Mira, dove si trova attualmente il Duomo. Non si hanno molte notizie sui primi secoli di attività della chiesa. Da uno sguardo interessato ed accorto non sfugge certo la coesistenza di due distinte tendenze architettoniche: una di epoca tardo-medioevale ed una rinascimentale. Del  periodo più antico si possono ammirare il muro perimetrale nord e i due portali laterali con archi a sesto acuto.  La facciata invece è stata completamente rimaneggiata nel periodo a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo. La chiesa si snoda attraverso un’unica navata che si conclude in un ampio presbiterio absidato. All’interno della chiesa si possono ammirare un pregevole fonte battesimale e lo splendido soffitto ligneo a cassettoni dell’ottocento.

Chiesa dei Teatini


In posizione contigua rispetto al largo San Giovanni, su cui prospetta la trecentesca chiesa di San Giovanni, pregevolmente affrescata nel XVIII secolo dal pittorefiammingo Guglielmo Borremans, si trova la chiesa di San Lorenzo al Patrisanto, volgarmente nota come chiesa dei Teatini. Nella stessa piazza Martiri d’Ungheria (l’antico piano Padre Santo, rinominato successivamente Largo Mercato Settimanale) si trova la Torre del Padre Santo, appartenente alle mura medievali della città. Nelle immediate vicinanze è possibile visitare la seicentesca chiesa di S. Stefano e la Commenda dei Cavalieri di Malta, la cui costruzione risale al XII secolo. Accanto si trova il Teatro Garibaldi, la cui costruzione è databile intorno alla seconda metà dell'Ottocento (la facciata principale invece è posteriore,risale infatti agli inizi del Novecento). Poco oltre, dopo aver superato il monumento dedicato al Gen.Antonino Cascino, eroe della Prima Guerra mondiale, si incontra la cinquecentesca chiesa di San Pietro, dal bel soffitto ligneo a cassettoni del ‘700.

DUOMO DI PIAZZA ARMERINA


Risalendo la via Cavour si giunge in piazza Santa Rosalia, recentemente restaurata, dove prospettano sulla destra ilPalazzo Trigona di Canicarao (XVII sec.) e sulla sinistra l’ex pretura, già sede della centrale elettrica, oggi sede dell’Università. Poco più avanti, al visitatore viene offerto il maestoso spettacolo dell’ex convento di San Francesco (XVIII sec.), col famoso balcone del Gagini, che precede di poco la vista del Duomo. Ci sono voluti quasi tre secoli per completare questa imponente opera, dal maestoso portale con colonne tortili, fortemente voluta dal barone Marco Trigona, il quale, alla sua morte, nel 1598, istituì un lascito per la costruzione di un edificio religioso più sontuoso della preesistente quattrocentesca Chiesa Madre, di cui oggi rimane il campanile in stile gotico-catalano nella parte inferiore, con rimaneggiamenti cinquecenteschi nella parte superiore. L’interno, a croce latina, ha una grande navata con cappelle laterali comunicanti e custodisce numerose opere d’arte, tra le quali segnaliamo la secentesca tela dell’ Assunzione della Vergine di F. Paladini, collocata sopra l’altare del transetto sinistro, il Martirio di Sant’Agata di Jacopo Ligozzi e la Croce lignea di scuola antonelliana di ignoto, denominato convenzionalmente Maestro della Croce di Piazza Armerina, dipinta su entrambe le facce (Cristo Crocifisso, nella parte anteriore, Cristo risorto, nella parte posteriore).
Nella stessa piazza, al centro della quale è posta la statua del Barone Marco Trigona, raffigurato nel gesto di offrire la cattedrale alla città, si affaccia anche il palazzo dei Trigona della Floresta (XVIII sec.), che presto, si spera, diventerà degna sede del museo archeologico cittadino.

lunedì 5 aprile 2010

Maria SS. delle Vittorie

Il vessillo di tela con al centro l'effigie di Maria col Bambino, che è oggi venerata a Piazza Armerina (Enna - Sicilia), fu donato a Ruggero il Normanno da papa Nicolò II in cambio del suo giuramento di fedeltà alla Chiesa. Ruggero lo spiegò in ogni battaglia, invocando la protezione della Santa Vergine Maria, della quale dovette sicuramente godere, visto che in poco tempo riuscì ad impadronirsi dell'intera Sicilia, liberandola dalla odiosa dominazione araba. E sicuramente la protezione della Madonna delle Vittorie fu determinante nella battaglia per liberare la città di Plutia, oggi Piazza Armerina, che venne strenuamente difesa dagli arabi. Ruggero, che in quella occasione fu molto aiutato dalla popolazione locale, in segno di riconoscenza, donò la sacra effigie ai plutiesi perché la custodissero con onore e venerazione. Durante il regno di Guglielmo I il Malo, il vessillo fu sotterrato dentro ad una cassetta per sottrarlo alla furia distruttrice dei soldati che stavano mettendo a ferro e a fuoco la città che si era ribellata al re. Per molto tempo non si seppe più nulla del sacro vessillo, finché, nel 1348, la Madonna si manifestò ad un sacerdote del luogo, un tal Giovanni Candilia, e gli indicò il luogo esatto in cui era sepolta la cassetta; la ritrovata immagine della Madonna, inneggiata dai fedeli che chiedevano la fine della pestilenza che stava decimando la popolazione, diede subito prova della sua benevolenza compiendo il miracolo e mettendo fine al terribile flagello. All'interno della cassetta fu pure ritrovato un capello che si disse essere della Madonna ed è oggi ben custodito in una teca d'argento. In onore di Maria Santissima delle Vittorie venne costruito un Santuario nel luogo in cui venne ritrovata la cassetta, in località Piazza Vecchia, che è meta di pellegrinaggio e sede di una festa popolare che si celebra il 3 di maggio e consiste nel portare in processione una copia dell'immagine della Madonna fino al Santuario. La Madonna delle Vittorie si festeggia il 15 agosto, in coincidenza con la festività della Madonna dell'Assunta, Patrona della Diocesi di Piazza Armerina.

Chiesa di San Rocco Fundrò


Intitolata a San Rocco per avere salvato i piazzesi dalla peste, fu costruita nel 1613. Nel 1622 fu assegnata ai benedettini scappati, nel Seicento, dalla loro Abbazia e divenne Chiesa di Fundrò. La chiesa si presenta ad una sola navata, con vari altari laterali, arricchita di tele di buona fattura e da una Madonna in marmo. La facciata in stile barocco presenta un bellissimo portale in tufo giallino riccamente intagliato, caratterizzato, anche, da una meridiana che sembra voler competere con il moderno orologio sistemato nella parte alta della facciata dell'attiguo Palazzo di Città.

PIAZZA ARMERINA


La città, circondata da 20.000 ettari di bosco, è famosa in tutto il mondo per la splendida Villa Romana del Casale, patrimonio Unesco, uno dei più grandi esempi di mosaico pavimentale romano esistenti. In giro per il centro storico è possibile apprezzare la dominanza del barocco capeggiato dal Duomo della città che occupa la posizione più elevata (721 m). Tra viuzze medievali, chiese, palazzi del periodo rinascimentale e barocco, come il Palazzo Trigona, e poco lontano da questo il Castello Aragonese, vi sembrerà quasi di rivivere l'atmosfera e lo splendore di un tempo. Il centro storico della città è un concentrato di storia da vivere, ricco di Chiese, Palazzi, Conventi e strade, che ci riporta indietro nel tempo e propone un passato irripetibile, ma che merita di essere riscoperto. Altra caratteristica sono i quattro Quartieri Medioevali della città, uno dei quali il centro storico, anch’essi ricchi di storia, che si contendono ogni anno il Vessillo della patrona, Maria SS delle Vittorie, nel Palio dei Normanni durante il Ferragosto Armerino.
Piazza Armerina è una città che unisce bellezze artistiche e naturali, la ricchezza della storia immersa nel verde rilassante dei boschi tutt'intorno. Una location ideale per le vostre vacanze o punto di partenza per scoprire l'isola.